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Affettività e sessualità nelle scuole? Si Grazie!

affettività e sessualità nelle scuole?si grazie

affettività e sessualità nelle scuole?si grazie

Da qualche giorno è attivo un progetto di educazione all’affettività e alla sessualità in una scuola primaria alle porte di Monza, pensato e condotto da me e  due colleghe ostetriche.

affettività e sessualità nelle scuole?si grazie

Come promesso pubblico una parte del mio intervento, realizzato in occasione della riunione con i genitori e gli insegnanti.

Ho proposto delle riflessioni sulla società contemporanea, cercato di spiegare che cosa vuol dire fare educazione all’affettività ( e quindi alla sessualità) e quanto possa essere utile anche in termini di prevenzione.

Parlare di SESSO alle elementari: Non sarà troppo presto?

L’esperienza ci dice che il chiedersi insistentemente se è troppo presto per parlare di un argomento spesso spinge ad affrontarlo quando ormai è troppo tardi.

Le considerazioni dalle quali siamo partite per costruire questo progetto vengono dal nostro essere genitori e dalla nostra esperienza professionale.

La società di oggi ha un andamento schizofrenico ovvero evidenzia una scissione molto forte nel modo in cui “tratta” gli argomenti di natura affettiva e sessuale. Attualmente si va sempre più diffondendo, a livello dei mass media, una cultura del corpo e  della sessualità come prestazione e status symbol in cui l’accento viene posto sull’apparire e sul fare più che sull’essere e sulle relazioni.

Viene proposta una sessualità disgiunta dalla cornice affettiva, diventando spesso un tabù. Spesso si tende a far finta di nulla di fronte alle domande dei bambini: si banalizza, si fa dell’ironia, o peggio ancora, si evita di rispondere.

La sessualità è un tabù anche a livello culturale al punto da non inserirla come programma ministeriale in tutte le scuole come accade, invece, nel resto d’Europa.  (Solo in Italia e in Grecia non è prevista)

E anche per quanto riguarda le emozioni le cose non vanno meglio: siamo vittime dei pregiudizi e la maggior parte di noi ne è, anche inconsapevolmente, condizionato.

Siamo nella società in cui si crede che parlare di emozioni o sentimenti sia una questione di debolezza, che ci siano quelle negative e quelle positive, quelle sbagliate che non bisogna esprimere, quelle da maschio e quelle da femmina.

L’educazione che abbiamo ricevuto influenza il modo di rapportarci con i figli: se abbiamo ricevuto una educazione rigida o siamo cresciuti in una famiglia in cui emozioni e sessualità erano argomenti avvolti nella vergogna, il rischio è che questa stessa modalità venga ripetuta.

Troppo spesso oggi si è portati a trascurare gli aspetti emotivi del processo di sviluppo del bambino a tutto vantaggio di quelli puramente cognitivi, dimenticando che l’individuo è totalità integrata ed organizzata e va educato nella sua interezza. E’ come il corpo umano: non c’è un organo più importante dell’altro, ogni organo contribuisce al mantenere il corpo in vita. Non basta che solo cuore o cervello funzionino.

E’ quindi importate puntare su quello che tutte le ricerche di psicologia evolutiva e neuroscienze dimostrano ovvero una delle competenze più importanti, alla base del benessere psicofisico di un individuo: l’intelligenza emotiva. 

Si è visto che i più grandi manager o direttori di grossi multinazionali, uomini di successo che sono riusciti a realizzare grandi progetti, non hanno quozienti di intelligenza al di sopra della media ma hanno una grande capacità di gestire le emozioni.

  • “Che cos’è l’intelligenza emotiva?”

L’intelligenza emotiva è un aspetto dell’intelligenza legato alla capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni. 

Un bambino che perde il controllo rapidamente ha bisogno di capire il sentimento di rabbia che prova, dargli un nome, trovarne i confini, per imparare infine a gestirlo. Questa competenza di autoregolazione delle emozioni si acquisisce e si affina a partire dai primi anni di vita e i genitori sono i principali modelli.

Ci sono evidenze scientifiche secondo le quali l’intelligenza emotiva influisce in maniera determinante sulle probabilità di successo di una persona

Secondo John Gottman ( il famoso psicologo autore del libro “Intelligenza emotiva per un figlio: Una guida per i genitori”) esistono:

  • Genitori noncuranti, che sminuiscono, ridicolizzano o addirittura ignorano le emozioni negative dei figli. (“E’ ridicolo che non vuoi andare a scuola”; “Non si deve aver paura della scuola. Vai e ti diverti” ; “Compriamo un gelato così ti passa, dai non ci pensare”)
  • Genitori censori, che criticano le espressioni di sentimenti negativi e che possono arrivare a rimproverare o punire i figli per queste manifestazioni emotive (“Mi hai stufato con tutte queste paure, sembri un bambino dell’asilo. Piantala o le prendi”.)
  • Genitori lassisti, che accettano le emozioni dei figli e si dimostrano empatici, ma non riescono a offrire loro una guida o a porre limiti al loro comportamento, spesso rimandano il problema, distraendolo ad esempio con un gioco, fino a che si ripresenterà la volta successiva. (“Oh come ti capisco! E’ naturale che vuoi rimanere a casa con la tua mamma. Anche io sono triste. Magari giochiamo insieme dieci minuti e poi usciamo senza piangere”.)
  • I Genitori allenatori emotivi partono come i genitori lassisti, empatizzando con i sentimenti del bambino, ma poi colgono l’occasione per parlare del sentimento, dargli un nome, e trovare una soluzione, senza distrarlo dai sentimenti negativi che sta provando.

Gli studi condotti da Gottman dimostrano che i bambini cui i genitori-allenatori hanno insegnato ad essere emotivamente intelligenti, riescono a gestire meglio le situazioni di crisi. A fronte di una separazione dei genitori o la morte di una persona cara, ovviamente soffrono, ma riescono poi a rielaborare l’esperienza con meno difficoltà rispetto agli altri, e quindi a superarla meglio.

Da queste ricerche è risultato addirittura che nel periodo adolescenziale i ragazzi allenati emotivamente riescono più facilmente ad evitare comportamenti autodistruttivi, quale ad esempio l’uso di sostanze stupefacenti.

Ricordiamoci sempre che le emozioni hanno una funzione ADATTATIVA, indispensabile per l’evoluzione della specie. Pensiamo alla paura o la rabbia – ad esempio- ai tempi dell’uomo delle caverne: queste emozioni hanno permesso la risoluzione di problemi e favorito la sopravvivenza.

Quando parliamo di autoregolazione delle proprie emozioni miriamo quindi a obbiettivi specifici:

Essere consapevoli delle proprie emozioni:

– Osservare se stessi e riconoscere i propri sentimenti

– Distinguere tra sensazioni fisiche e sensazioni emotive piacevoli e spiacevoli: questo è l’ambito dove si può fare prevenzione dei disturbi alimentari poiché alla base dell’abbuffarsi di cibo c’è la difficoltà a percepire la differenza tra una sensazione di un vuoto psichico da un vuoto fisico

– Avere un vocabolario ricco  dare un nome ai sentimenti provati

– Conoscere il rapporto tra pensieri, sentimenti e reazioni

Decidere personalmente:

-Analizzare le azioni e conoscerne le conseguenze

-Essere consapevoli se una decisione è dettata dal pensiero o dal sentimento: qui si lavora sulla capacità di pensare con la propria testa, sull’autonomia psichica.

Favorire l’empatia:

– Essere in grado di sentire e comprendere con partecipazione emotiva i sentimenti dell’altro: questo è l’ambito della prevenzione di qualsiasi tipo di violenza. La violenza (fisica o psichica) si realizza nel momento in cui l’altro viene messo nella posizione di un oggetto. Non è più una persona ma è come se fosse una cosa. Non c’è nessuna empatia, nessuna capacità di  sentire l’altro e le sue emozioni.

Vien da sé che anche per il modo in cui sarà vissuta la sessualità dipenderà dal livello di intelligenza emotiva. Se sono in grado di riconoscere le mie emozioni e le nomino sarò in grado di ascoltarle nel guidarmi verso la scelta del comportamento più funzionale.

Un ragazzo capace avrà gli strumenti per gestire le situazioni di pericolo come ad esempio un abuso o avviarsi alla sessualità con dei valori, rispettando se stesso e non essendo succube del gruppo facendolo perché tutti lo fanno o per farsi ricaricare il telefonino, come la cronaca ci ricorda.

Personalmente credo che la scuola sia una preziosa agenzia formativa con un ruolo importante nella vita di un bambino ed è giusto che, anche in quel contesto, si affrontino argomenti fondamentali per lo sviluppo psicologico di un individuo. E’ importante, però, che i genitori non deleghino completamente la questione a terzi: un’alleanza credo sia la condizione migliore per sostenere e accompagnare i ragazzi nel loro percorso evolutivo.

Ma quale è il modo migliore per parlarne di sessualità in casa, ad esempio? Quale linguaggio utilizzare?

Ne parlerò nel prossimo articolo!